Cosa siamo disposti a fare

Cosa siamo disposti a fare

La morte di Sofia è un dolore troppo grande, inimmaginabile.

Ora è evidente che questa città, che ruota intorno all’auto, può divorare anche una ragazza che esce da scuola, attraversando, in prossimità delle strisce, una strada dove c’è un laconico cartello di limite di 30 all’ora.

Non è una fatalità, ma la conseguenza drammatica di una serie di concause sviluppatesi senza controllo come leggiamo dagli interventi qualificati di Giancarlo Odoardi, Giuseppe Di Giampietro e Bruno Pace, interventi in tema di sicurezza stradale che hanno aperto un dibattito necessario per quanto doloroso.

A Pescara ormai si progetta in funzione dell’auto, del suo parcheggio:

abbiamo strade a scorrimento veloce che entrano nel cuore della città;

abbiamo aumentato la densità edilizia e abitativa del centro permettendo l’elevazione dell’originario tessuto edilizio, portando altre auto in centro e richiesta di stalli, tanto che i negozi si stanno trasformando in garage: presto il nostro bel salotto di Pescara, in un futuro ormai vicino, si trasformerà in una città dormitorio.

Nella visione di questa città, il parcheggio più importante, con più alta capienza, è posizionato incredibilmente in centro, nell’area di risulta vicino alla Stazione, attraendo migliaia di autovetture. Lo è stato fino ad oggi, e lo sarà ancora, vista la previsione di costruzione di almeno 2 silos a 5 piani per i parcheggi. La Dea auto doveva avere la sue cattedrali, e senza alcun tentennamento l’ abbiamo accontentata.

I parcheggi di scambio esterni alla città con navette veloci elettriche vengono visti inattuabili per i costi, mentre da oltre 30 anni si sono spesi 30 milioni di euro per un filobus sostenibile che non riesce esso stesso a sostenersi. I piccoli studenti che sfidano la strada per andare in bici a scuola rischiano a ogni curva di cadere, sbilanciati dagli zaini pesanti pieni di libri, obbligati dalle scuole che pensano che la mobilità dolce non sia affare loro.

Se si toglie un posto auto si rischiano i tumulti tra i cittadini, ma se si abbatte un albero per il passo carrabile di un garage è cosa buona e giusta.

Il commercio non sta morendo perché mancano stalli, e non dobbiamo raggiungere in auto qualsiasi sito; le piste ciclabili non devono essere viste come ostacoli al traffico veicolare.

Basta.

Questa è la nostra storia, che ha portato Sofia a morire.

È il momento, ora, di diventare una Città 30.

Città 30 non significa mettere il limite a 30, non solo.

Significa affermare che la Città è fatta a misura di cittadina e cittadino, in modo tale che una bambina possa andare e tornare da scuola, a piedi o in bici, in sicurezza da sola.

Significa aumentare le zone pedonali per vivere e respirare; per andare in bici e per camminare.

Significa aumentare in modo intelligente il servizio del trasporto pubblico; fare diventare zone pedonali gli ingressi agli edifici scolastici e altre zone sensibili; utilizzare tutte le tecniche per rendere sicuro il pedone; significa che i mobility manager di enti e aziende devono veramente far cambiare le consuetudini della mobilità alle persone

Significa dire che la città ha una priorità: la persona e non l’auto.

Per un cantiere in centro si fanno gli esperimenti più bizzarri e arrivano le richieste più impossibili per venire incontro al Dio traffico.

Per salvare la nostra salute e vivibilità, per salvare le nostre vite invece questa città cosa è disposta a fare?

ph Giancarlo Odoardi

#citta30