PESCARA – Nell’evoluzione del rapporto tra città e natura, Pescara si trova oggi a un bivio significativo che merita una riflessione collettiva. Da un lato, assistiamo a interventi come il ripristino annunciato della recinzione muraria del parco dell’ex caserma di Cocco, per cui il Comune ha previsto un investimento di circa 600.000,00 euro. Questa scelta contrasta con altri progetti, come quello della cittadella universitaria, che immaginavano l’eliminazione di tale barriera e l’estensione del parco fino alla piazza San Luigi, creando una continuità tra spazi urbani e aree verdi.
Nello stesso istante, nella Riserva della Pineta Dannunziana, ha preso ormai forma un inspiegabile muro in cemento armato realizzato, si suppone, con l’intento di separare l’area protetta dalla nuova strada “Pendolo”, che curiosamente attraversa per circa 600 metri il cuore stesso della riserva, con costi considerevoli.
Questi interventi sembrano orientarsi verso una concezione tradizionale della gestione degli spazi verdi, basata sulla distinzione netta tra ambiente naturale e tessuto urbano. Una visione che, con preoccupazioni di tutela ormai dubbie, rischia di limitare le potenzialità di questi luoghi come catalizzatori di vita sociale e benessere collettivo.
In altre realtà italiane emerge invece un approccio differente, esemplificato dal caso virtuoso di Olgiate Comasco. Questo comune lombardo ha ricevuto riconoscimenti per il restauro di Villa Peduzzi, parco storico ottocentesco ora completamente privo di recinzioni (al comune è stato riconosciuto un premio di 500 mila €). L’architetto Mario Bonicelli, artefice di questa trasformazione, l’ha definita una “scelta coraggiosa” che invita a ripensare il rapporto tra spazi verdi e città.
“Perché le funzioni pubbliche devono essere recintate?” si domanda Bonicelli, sottolineando non solo i costi economici di realizzazione e manutenzione delle barriere, ma anche il loro impatto sul modo in cui viviamo e percepiamo gli spazi comuni. L’eliminazione delle recinzioni non rappresenta un semplice dettaglio estetico, ma un vero elemento di “ricucitura del tessuto urbano”, che permette alla natura di fluire nella città e ai cittadini di appropriarsi genuinamente degli spazi verdi.
Contrariamente ai timori, l’esperienza di Villa Peduzzi suggerisce che l’apertura non porta necessariamente a problemi di sicurezza o vandalismo. Anzi, gli studi indicano che parchi aperti e integrati nel tessuto urbano possono contribuire a diminuire il crimine, poiché stimolano nei cittadini un senso di appartenenza e responsabilità. La presenza spontanea di diverse generazioni – bambini, genitori, anziani – crea un naturale sistema di sorveglianza comunitaria e un’atmosfera di sicurezza condivisa.
Anche quando esistono vincoli storici, come nel caso di Villa Camilla sempre a Olgiate Comasco, soluzioni creative come la moltiplicazione dei punti di accesso possono aumentare significativamente la permeabilità e l’integrazione con l’ambiente circostante, favorendo una fruizione più libera e spontanea degli spazi verdi.
A Pescara, le proposte di abbattimento di muri e recinzioni delle aree verdi emerse in diverse occasioni riflettono un’aspirazione a questa concezione più fluida e integrata del rapporto tra città e natura. Una visione in cui le aree verdi non sono isole separate dal contesto urbano, ma elementi di continuità che infondono naturalità nel tessuto cittadino, arricchendolo esteticamente e funzionalmente.
I fondi destinati al ripristino della recinzione dell’ex caserma di Cocco come quelle, ormai spese per una irragionevole barriera interna alla Riserva, su cui sarebbe anche il caso di avere chiarimenti di ordine scientifico, potrebbero rappresentare un’opportunità per esplorare questo paradigma alternativo, ripensando il confine tra parco e città in modo più permeabile e inclusivo.
Mentre Pescara riflette sul futuro dei suoi spazi verdi, l’esperienza di altre città italiane ci ricorda che abbattere un muro può significare molto più che eliminare una barriera fisica: può rappresentare un passo verso una comunità più coesa, una città più vivibile e un rapporto più armonioso con l’ambiente naturale. Un invito a considerare come la contaminazione reciproca tra urbano e naturale possa generare spazi di maggiore qualità e vitalità, a beneficio dell’intera cittadinanza, attuale e futura.