PESCARA – L’ultima profonda ferita alla Riserva Dannunziana di Pescara riapre una riflessione amara sul destino di quest’area protetta, da tempo trascurata e malgestita.
Dopo l’incendio devastante che l’ha colpita anni fa, la Riserva continua a essere minacciata, non solo dalle calamità naturali ma soprattutto da scelte amministrative discutibili e da una cronica mancanza di manutenzione.
Un piano naturalistico mai attuato e una gestione assente – L’istituzione della Riserva Dannunziana avrebbe dovuto rappresentare un punto di svolta nella tutela del patrimonio boschivo cittadino. Tuttavia, a distanza di 25 anni dalla sua costituzione con legge regionale, la Riserva continua a essere orfana di una gestione adeguata.
L’attuazione del piano naturalistico è in grave ritardo, e gli organismi deputati alla gestione sono ancora inesistenti. Questo vuoto decisionale si traduce in una costante erosione della Riserva, una lenta ma inesorabile perdita della copertura arborea.
La strada “pendolo” e l’abbattimento degli alberi – Uno degli interventi più controversi è stato la realizzazione della cosiddetta strada “pendolo” lungo il margine ovest dell’area protetta. Un’infrastruttura senza una progettazione accurata che ha comportato l’abbattimento di decine e decine di alberi, tra pini e querce, frammentando ulteriormente un ecosistema già fragile.
Come se non bastasse, il comparto cinque della Riserva è stato ulteriormente isolato da un muro di recinzione, apparentemente senza alcuna giustificazione scientifica, ripristinando un vecchio recinto ammalorato invece di considerare la sua rimozione.
L’amministrazione sostiene che l’accorpamento dei comparti quattro e cinque, reso possibile proprio dalla strada pendolo, consentirebbe di recuperare circa 22.000 m² di territorio da restituire alla pineta. Tuttavia, a un’analisi più attenta, questa stima appare fortemente ottimistica: di fatto, il recupero reale sembra essere almeno dimezzato, e al netto dello spazio occupato dalla nuova strada, l’importo complessivo si riduce ulteriormente.
Non solo: la stessa infrastruttura ha determinato il distacco di un’ulteriore superficie boscata destinata a scomparire nel tempo, in quanto ormai isolata e quindi vulnerabile agli agenti atmosferici.
Il “dissesto arboreo”: un concetto controverso – A rendere ancora più surreale la gestione del patrimonio forestale urbano, è l’introduzione, da parte del Comune di Pescara, di una curiosa quanto discutibile denominazione: il “dissesto arboreo”.
Con questa terminologia, unica in Italia e forse anche in un contesto territoriale più ampio, si identifica una categoria di danneggiamento del costruito provocato dagli alberi stessi. Una definizione che appare quasi un espediente retorico per giustificare abbattimenti discutibili. Invece di considerare l’albero come elemento da tutelare e valorizzare, lo si trasforma paradossalmente in un “colpevole” da eliminare.
Alberi sempre più vulnerabili ed esposizione ai rischi meteorologici – Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti anche nel comparto della Riserva. Gli alberi perimetrali, ormai isolati e privi del supporto naturale fornito da altri esemplari, sono diventati preda facile degli eventi atmosferici.
Ogni albero che cade espone immediatamente il successivo, in un effetto domino che consuma progressivamente il margine boschivo. Un processo che si potrebbe definire come “erosione marginale”, concetto che si potrebbe affiancare al “dissesto arboreo”, ed entrambi contribuiscono a un lento disfacimento della Riserva a causa della sua costante esposizione agli agenti atmosferici.
Le immagini allegate, scattate dopo un solo giorno di pioggia, mostrano chiaramente le conseguenze di questa situazione: alberi caduti, radici strappate dal terreno, e anche una quercia che si è abbattuta proprio sul muro di recinzione appena realizzato. Questi eventi non sono casuali ma il risultato prevedibile di una politica gestionale miope e superficiale.
La deriva urbana nella Riserva – L’urbanizzazione della Riserva, anziché portare la natura nella città, sta portando elementi di disturbo all’interno dell’area protetta. Invece di valorizzare i servizi ecosistemici che un bosco urbano potrebbe offrire, si è scelto di frammentare ulteriormente lo spazio verde, alterando un equilibrio delicato e unico. Questa gestione non fa altro che consumare strato dopo strato la “pelle” della Riserva, lasciando scoperto e vulnerabile il cuore del bosco.
Quale bilancio arboreo per la città? – La situazione impone una domanda pressante: quante piante sono state perse negli ultimi anni? Quanta massa legnosa è stata rimossa e dove è stata portata? Cosa se ne è fatto? In sostanza, quale contributo reale offre il Comune di Pescara alla sostenibilità ambientale, considerando anche quanto previsto dal Codice degli Appalti nella gestione del verde (GPP) e dalla completa mancata applicazione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM)?
Una gestione lungimirante e sostenibile è possibile? – Rivendichiamo per la comunità cittadina il diritto di sapere e di conoscere risposte chiare e trasparenti. È fondamentale adottare una gestione più rispettosa e lungimirante della Riserva Dannunziana, perché ogni albero perso è un patrimonio naturale che se ne va, una ferita aperta nella memoria collettiva della città.