Ancora una volta, la gestione del verde urbano nella nostra città solleva interrogativi gravi e preoccupazioni che non possono essere ignorate. Dopo aver tentato, invano, di ottenere chiarimenti in sede di Consiglio Comunale attraverso un’interrogazione urgente, alla quale è stato purtroppo scelto di non dare risposta immediata sono stata costretta a formalizzare le domande con un’interrogazione scritta, protocollata al Presidente del Consiglio Comunale e rivolta direttamente al Sindaco e all’Assessore competente.
Il motivo di tanta insistenza è semplice e allarmante: le recenti scelte riguardanti le specie arboree piantate in città, in particolare l’uso massiccio di palme, stridono clamorosamente con ogni logica di sostenibilità ambientale, efficienza economica e tutela del nostro patrimonio naturale.
Le indicazioni scientifiche sono chiarissime e supportate da autorevoli istituzioni. Le linee guida del Comitato Scientifico per lo Sviluppo del Verde Urbano (ISPRA-MINISTERO AMBIENTE) raccomandano con forza l’uso di specie autoctone. Queste specie, native del nostro territorio, possiedono una grande capacità resiliente e offrono i maggiori servizi ecosistemici, fondamentali per affrontare le sfide imposte dal cambiamento climatico, come la riduzione dell’isola di calore e il miglioramento della qualità dell’aria. Non solo la scienza, ma anche la Soprintendenza Chieti-Pescara, nei procedimenti relativi ai Lavori Pubblici, prescrive l’utilizzo di alberi della macchia mediterranea, invitando a diminuire l’uso di piante esotiche come le palme.
Eppure, nonostante queste direttive nette e vincolanti, bisogna prendere atto con sconcerto che nei nuovi interventi, come la riqualificazione del lungomare sud e la piazza antistante la Madonnina (intervento Water Front), siano state previste e piantate circa 50 palme. Una scelta inspiegabile e dannosa, soprattutto considerando che le nostre Riserve naturali locali, quella statale di Santa Filomena e quella Regionale Dannunziana, soffrono già per le gravi invasioni di piante infestanti, tra cui proprio le palme. Queste, diffondendosi spontaneamente per disseminazione ornitocora, cioè fatta dagli uccelli, ci costringono a spendere risorse pubbliche per la loro eliminazione dalle aree protette.
Ma non è tutto. L’aspetto economico e quello dei servizi ecosistemici rendono questa decisione ancora più grave. È ormai noto che le palme offrono un “valore zero” in termini di servizi ecosistemici. Non forniscono l’ombra vitale, non filtrano l’aria né abbattono le polveri, non contribuiscono all’evapotraspirazione, hanno una valenza ecologica limitata e non aumentano la biodiversità nel modo in cui lo fanno gli alberi autoctoni della macchia mediterranea, che offrono invece tutti questi benefici in abbondanza. Come se non bastasse, il costo di una palma è maggiore di circa 8 volte rispetto a quello di un albero della macchia mediterranea. Ciò significa, in termini brutalmente pratici, che per il costo di una singola palma, potremmo avere ben 8 alberi autoctoni, capaci di offrire un contributo concreto e misurabile alla vivibilità e alla salute della nostra città.
Questa gestione delle risorse, che privilegia scelte costose e inefficaci, è resa ancora più inaccettabile dal fatto che molti di questi interventi sono finanziati con fondi PNRR, destinati esplicitamente alla transizione ecologica e al GREEN DEAL. Piantare palme, che non solo non offrono benefici ecosistemici, ma sono invasive e dannose, è palesemente incoerente con gli obiettivi di transizione ecologica che il PNRR si prefigge. Questo contrasta perfino con il redigendo Piano del Verde della stessa amministrazione, che correttamente prevede l’uso di alberi autoctoni e adatti ai cambiamenti climatici proprio per massimizzare i servizi ecosistemici.
Alla luce di tutto questo, la domanda posta nella interrogazione scritta è tanto puntuale quanto necessaria: “Chi ha deciso l’utilizzo delle palme negli ultimi interventi, e su quali motivazioni si è basata una scelta maggiormente costosa come investimento e di nessun beneficio dal punto di vista dei servizi ecosistemici?”.
Dopo il silenzio in Consiglio, ora si attende una risposta scritta chiara ed esaustiva a questa formale richiesta. La cittadinanza ha diritto di sapere perché vengono fatte scelte che appaiono dannose per l’ambiente, costose per le casse pubbliche e contrarie alle raccomandazioni scientifiche e agli obiettivi di transizione ecologica. La gestione del verde urbano non può essere frutto di decisioni arbitrarie o di facciata, ma deve basarsi su criteri scientifici, sostenibilità e trasparenza nell’uso dei fondi pubblici. Si attendono risposte che dimostrino una reale comprensione e volontà di affrontare seriamente le sfide ambientali e di tutelare il futuro della nostra città.
Simona Barba Consigliera Comunale AVS-RADICI IN COMUNE